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Presagi di tramonto: la visione distopica

Libero Gentili • 16 luglio 2023

Ogni mattina, dopo la colazione, è mia consuetudine fare un giro sui più importanti quotidiani internazionali; una panoramica che mi fa sentire all’interno e partecipe, anche se da semplice spettatore, alla evoluzione o, secondo altre prospettive, alla involuzione di un mondo che sembra essere arrivato alla sua stagione autunnale.


Questa mattina il
Washington Post sotto la rubrica Extreme Weather riporta un articolo che apre in questo modo: “Una brutale ondata di caldo negli stati meridionali e occidentali dovrebbe raggiungere il picco questo fine settimana, causando un clima pericolosamente caldo dalla Florida al Texas all'Arizona e dalla California allo stato di Washington, con le temperature più estreme nel deserto sud-occidentale. Durante il picco, la Death Valley, in California, potrebbe avvicinarsi a 130 gradi Fahrenheit [oltre 54° centigradi] - la temperatura più alta registrata in tutto il mondo nei record moderni, e la maggior parte della popolosa Central Valley della California sarà ben al di sopra di 110 [43° centigradi]. Phoenix ha battuto un record di calore durante il suo lungo periodo di temperature estreme temperature”.


Sono immagini da apocalisse che anticipano una prospettiva distruttiva, nonostante una certa parte politica nel nostro paese, votata ad un bieco negazionismo di fondo denunci un
“estremismo ecologista” e, al tempo stesso, dichiari di voler “difendere la natura, con al suo interno l'uomo”; un palese ossimoro di cui neanche Giuseppe Ungaretti, con le sue “braccia colme di nulla” non andrebbe certamente fiero.
Senza capire che oramai è diventata urgente la necessità di un bilancio capace di proiettarsi in avanti, prefigurando sin d’ora quello che ci aspetta.


Ma tutti noi lo stiamo già immaginando quello che aspetta l’umanità, in un tempo non lontanissimo. E lo sa bene la letteratura fiction quando ci propone scene di un futuro distopico le quali, anche se apparentemente irreali, prodotte – come potrebbero pensare in molti – da una mente malata sembrano, tuttavia, possedere il sapore di una logica ineluttabile.

Non ci vuole poi molto per rendercene conto, solo che si riesca a distrarsi un po' dalle manie quotidiane nelle quali oggi siamo invischiati; dai social media che non ci lasciano liberi trenta minuti di seguito a causa delle “notifiche” che distraggono la nostra attenzione da ciò che stiamo facendo, dalla scuola, al posto di lavoro, alle semplici faccende domestiche.

Alla distrazione dovuta ai troppi prodotti che distruggono la nostra creatività, in quanto le potenzialità messe a disposizione dalla tecnologia vengono proposte al consumatore esattamente per aumentare il comfort personale.


La rivoluzione tecnologica sta ridisegnando gli equilibri tra “naturale” e “artificiale”, tra l’ambiente in cui viviamo e la sua continua manipolazione modificando, in realtà, il rapporto tra l’umano e la vita. I problemi sorgono quando il mondo tecnologico diventa un sostituto del mondo reale.

“Twitter, Facebook, YouTube, [TikTok, Instagram, WeChat, Telegram…] sono semplici piattaforme. Esse non sono né buone, né cattive, utili o superflue; tuttavia abbiamo permesso a bianchi compiaciuti, avidi e benestanti di creare intorno a loro un mito che dice il contrario. Un mito che dice che tutto ciò di cui hai bisogno è usare i social media per le tue amicizie e tutti i tuoi sogni diventeranno realtà. Per tutto il tempo, queste aziende e gli operatori di marketing che spingono questo mito si riempiono le tasche.” (B.J. Mendelson – Social Media is Bullshit)


Eppure, è come se questo grande cambiamento in corso avesse ancora bisogno di qualcosa, continuando a mancargli un aspetto essenziale: una singolarità senza confronti nella storia dell’umano, non riuscendo a comporre una plausibile visione d’insieme di quanto ci sta intorno. (Aldo Schiavone – L’Occidente e la nascita di una cultura planetaria).
Quindi alla
bullshit, la porcheria, [lett. “merda di vacca”] dovremmo abituarci, perché abbiamo più che mai bisogno di dialogo con il futuro. Senza cedere alla paura dinnanzi alle innovazioni, ma dar loro un senso logico, non dissociato dall’umano.


La visione distopica delle società e quindi del mondo, inizia ad avere la sua attualità verso l’inizio del 1900 con i due più importanti romanzi: “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley e “1984” di George Orwell; di quest’ultimo esiste anche un suo adattamento cinematografico.
Complici, l’accelerazione veloce del progresso tecnico-scientifico come processo di disumanizzazione, ma soprattutto la nascita di regimi totalitari come quello fascista, nazista e stalinista.


Quindi, l’utopia sognata da Tommaso Campanella nella “Città del Sole” o addirittura da Platone, nella “Repubblica” cedono il posto alla visione distopica come parte integrante di una coscienza condivisa la quale, senza voler fare i profeti di sventure minacciando così un incalzante populismo oggi molto in voga, potrebbe avere esiti molto gravi, di cui si cominciano a intravvedere i primi segni.


La letteratura distopica, con i suoi sviluppi filmografici, è una narrativa di anticipazione. Ci stiamo abituando, a livello visivo, ai cataclismi che si susseguono sugli schermi, sia delle sale cinematografiche, che domestici, dove l’ansia suscitata attraverso l’immancabile contributo adrenalinico, cattura profondamente la nostra attenzione, mettendo allo scoperto quel velo di masochismo presente in ogni essere umano.


Concludo consigliando un piacevole romanzo di Philip K. Dick, lo scrittore statunitense che con il suo romanzo “Il cacciatore di androidi” ispirò il film “Blade Runner” del 1982.
Il romanzo si intitola
“Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”

Nel 1992 la Guerra Mondiale ha ucciso milioni di persone, e condannato all'estinzione intere specie, costringendo l'umanità ad andare nello spazio.
Chi è rimasto sogna di possedere un animale vivente, e le compagnie producono copie incredibilmente realistiche: gatti, cavalli, pecore. Anche l'uomo è stato duplicato.
I replicanti sono simulacri perfetti e indistinguibili, e per questo motivo sono stati banditi dalla Terra.
Ma a volte decidono di confondersi tra i loro simili biologici. A San Francisco vive un uomo che ha l'incarico di "ritirare" gli androidi che violano la legge, ma i dubbi intralciano a volte il suo crudele mestiere, spingendolo a chiedersi cosa sia davvero un essere umano.
                                                                               


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