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I cervelli di gallina

Libero Gentili • 22 luglio 2023

Temperature ancor più che desertiche, disagi in tutte le situazioni vacanziere e non, con punte che raggiungono picchi assolutamente inaccettabili dall’organismo umano.
In alcuni luoghi tipicamente desertici come la
Death Valley, il posto più caldo della terra, in California, il caldo ha superato i 50 gradi, ma a Furnace Creek – un’area del parco – sono arrivate frotte di turisti con l’intento di documentare le temperature eccezionali con foto e selfie.


Nella Death Valley ci sono stato pochi anni fa, quando l’estate non si presentava assolutamente così torrida e già allora ricordo la forte sensazione di disagio che provai.
Personalmente, in questo contesto estivo, nella impossibilità di fare qualche passeggiata nel verde, il rifiuto di passare le giornate in spiaggia per non prestarmi a
barbecue umano, e con il maltempo e i temporali violenti in montagna, con grandine dalle dimensioni di un uovo, me ne sto chiuso, sdraiato sul divano a leggere.


Ho appena iniziato la lettura di un romanzo distopico -per rimanere in armonia con il momento presente- del famoso scrittore
Philip K. Dick che, nel 1968, ispirò al regista Ridley Scott l’ormai famosissimo “Blade Runner”.
Il libro si intitola:
“Gli androidi sognano pecore elettriche?”. Descrive la Terra come pianeta desolato devastato da guerre nucleari, la maggior parte dei terrestri emigrata in colonie su pianeti esterni alla Galassia e numerose specie di animali del tutto estinte, tanto che possederne uno è diventato uno status symbol.
La trama, quindi, si chiede “Cos’è reale e cosa no? Cos’è umano e cosa no?”.


Nel momento in cui leggevo su alcuni quotidiani la notizia del caldo atroce a
Furnace Creek, con la moltitudine di gente che si riversava in quel luogo per immortalare la situazione disperata scattando foto e selfie, avevo appena raggiunto la pagina di quel romanzo dove l’autore descrive una tipologia di persone che “non aveva superato l’esame per il livello minimo consentito delle facoltà mentali, il che le rendeva -secondo il gergo popolare- un cervello di gallina” … “e poi esistevano dei cervelli di gallina infinitamente più stupidi… che non erano in grado di svolgere alcun lavoro e rimanevano segregati in istituzioni pittorescamente denominate “Istituti americani per le Attività Professionali Speciali”.


E una riflessione, o piuttosto una domanda, ha fatto irruzione nella mia testa: abbiamo raggiunto con incredibile velocità un’epoca distopica con uno scarto di appena 55 anni dalla visione del romanzo, in cui gli umani non sono ancora emigrati in pianeti extra galattici, la fauna è ancora fortunatamente preservata, ma i
cervelli di gallina si sono già impiantati sul suolo terrestre?

Perché basta guardarsi un po' intorno sia fisicamente che virtualmente sul web, per rendersi conto della condizione grottesca di buona parte della specie umana. Cominciamo dai social: la lingua batte dove il dente duole!


I social analizzano le nostre conversazioni, il nostro stato emotivo quando Facebook ci invita a dichiarare pubblicamente il nostro
“stato d’animo” con una emoji: felice, sciocco, pieno di gioia, arrabbiato, deluso, depresso, al verde… Quando pubblichiamo delle foto sui luoghi della nostra vacanza dichiarando, senza saperlo (ma se lo sapessimo sicuramente non cambierebbe nulla) le nostre destinazioni preferite.
Quando, tra frizzi e lazzi, bisticciamo postando insulti o, semplicemente, critichiamo comportamenti e scelte altrui, etichettandoci per le nostre convinzioni, preferenze, gusti letterari e cinematografici… in men che non si dica ci arrivano messaggi pubblicitari che sollecitano all’acquisto di questo o quell’altro prodotto. Ci dà fastidio quando ci sentiamo manipolati, ma non ce ne accorgiamo facilmente.

Insomma, viviamo tutti all’interno di un laboratorio dove vengono carpiti i nostri dati e le nostre interazioni.
Anche se non ne siamo consapevoli, i nostri comportamenti interagiscono con il mondo digitale producendo una serie di informazioni che permettono all’
algoritmo -in sé una straordinaria conquista tecnologica, ma in mano a compagnie al centro di grossi interessi economici e operatori di mercato, la cosa più nefasta in quest’epoca- di essere impiegato per forme di potere.


Una faccina, un like messo senza pensarci su con estrema disinvoltura -tanto non costa niente- sono un mattone che costruisce insieme ad altri mattoni l’edificio del potere. Se solo lo avessimo saputo prima… non avremmo fatto niente di diverso!

Infatti, perché ci sono i cervelli di gallina?


Le informazioni che mettiamo a disposizione ogni giorno con lo smartphone davanti agli occhi mentre camminiamo per strada, rischiando di finire addosso al passante che sta camminando in senso contrario o, addirittura, di andare sotto un’auto sono, informazioni inviate tramite
GPS.
Stiamo guardando i like, ma qualcuno sta guardando noi. Se solo lo avessimo saputo prima… non avremmo fatto niente di diverso!

Infatti, perché ci sono i cervelli di gallina?


Nei tempi antichi gli indovini predicevano il futuro e gli uomini li pagavano; oggi l’algoritmo legge il futuro e al tempo stesso lo definisce, in mano a chi non vuole essere pagato, perché ha già avuto in anticipo tutte le informazioni che gli abbiamo date.
Se solo lo avessimo saputo prima… non avremmo fatto niente di diverso!
Infatti, perché ci sono i cervelli di gallina?


Ma questa narrazione distopica non finisce con i social, si inserisce anche in ambito socio-culturale.
Oggi è in atto un preoccupante processo di polarizzazione, non tra tesi opposte; in fondo contrasti ideologici nella storia dell’uomo ci sono sempre stati.
Si tratta, invece, di qualcosa di ben più grave: la battaglia
tra la spinta culturale indotta dai processi di unificazione planetaria, con un vero e proprio salto di civilizzazione, un mutato rapporto tra i generi, la ridefinizione di maschile e femminile con tutto quello che ne consegue, la consapevolezza che quello che facciamo qui si riflette inevitabilmente a migliaia e miglia di chilometri, e il contrario di tutto ciò, ossia la forza politica di Stati i cui interessi, ideologie, e apparati nazionalisti camminano in direzione opposta.


Ci sono per lo meno due modi per studiare la storia. Il primo, quello più comune, insegnato una volta anche a scuola, è quello di leggere con curiosità i fatti che ci hanno preceduto e l’altra è prenderla come spinta per quanto deve ancora accadere.
I fatti successi in passato vengono raccontati troppo spesso secondo la prospettiva del narratore e non secondo l’oggetto del racconto.

Sacrifici da parte di una generazione ci hanno dato quel margine che oggi ci permette di parlare di libertà e democrazia.
Ci siamo talmente abituati a usare questi termini con grande disinvoltura, che la loro importanza, il loro valore sono totalmente inflazionati; non dicono più niente.
Anzi sono talmente barattabili che per fare dispetto al mio capufficio, che mi sta sullo stomaco e appartiene ad una certa corrente politica, alle prossime elezioni voterò al contrario! Come dire:
“per far dispetto a mia moglie che mi ha cornificato, mi taglio il ciondolo!”.
Infatti, perché ci sono i cervelli di gallina?”


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